I cittadini non comunitari possono entrare in Italia per lavorare ed ottenere a questo fine un regolare permesso di soggiorno, solo nell'ambito di specifiche procedure e previo ottenimento di specifico visto.
I permessi di soggiorno per motivi di lavoro possono essere rilasciati per lavoro subordinato, per lavoro stagionale, per lavoro stagionale pluriennale, per lavoro autonomo.
Il numero degli stranieri che può entrare in Italia per motivi lavorativi è fissato da specifici provvedimenti (c.d. “decreti flussi”).
La legge disciplina il rilascio dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro, fissando le condizioni e i requisiti necessari per ottenerli, nonché le modalità operative per richiederli.
Quando i decreti flussi non vengono emanati o se i posti previsti sono esauriti, non è possibile entrare in Italia in maniera regolare per lavoro. Questi decreti, generalmente, prevedono che il lavoratore non sia già in Italia e che venga dunque “chiamato” dal datore di lavoro che richiede una autorizzazione all’assunzione.
I c.d. “decreti flussi” sono emanati periodicamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sullo stato dell’occupazione e sul numero degli stranieri iscritti alle liste di collocamento, nonché sui dati concernenti l’effettiva richiesta di lavoro forniti dall’Anagrafe Informatizzata, istituita presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Nei decreti sono previste delle quote numeriche di lavoratori ammessi all’ingresso regolare in Italia per motivi di lavoro subordinato e/o stagionale e/o autonomo nel corso dell’anno. I “decreti flussi” possono indicare quote
numeriche generiche (es: sono ammessi all’ingresso 2000 lavoratori) oppure specificare il tipo di lavoratore (es: solo colf e badanti) o, ancora, prevedere quote specifiche di lavoratori provenienti da un determinato paese (es: 2000 lavoratori nigeriani). Le quote vengono ripartite in base alle aree regionali e provinciali.
L’art. 1 del d.l. 20/2023 ha previsto un DPCM triennale, per il solo triennio 2023 – 2025, che contenga esso stesso “le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale e per lavoro autonomo” (comma 1). IL DPCM approvato prevede delle quote riservate a stati che svolgono campagne sui rischi dell’immigrazione irregolare e per rifugiati e apolidi. Viene poi invece inserita la possibilità di prevedere ingressi fuori quota per gli stati con cui l’Italia firma accordi di rimpatrio. Per questi paesi sarà possibile l’ingresso fuori quota con la sola richiesta di nulla osta al SUI territorialmente competente. Questa possibilità però non è ancora stata resa effettiva.
La procedura per entrare in Italia con il decreto flussi è, generalmente, prevista nello stesso e può variare da un decreto all’altro. Tutte le procedure di presentazione delle domande, sono ora gestite per via telematica. Il datore di lavoro deve accedere al Portale Servizi del Ministero dell’Interno (https://portaleservizi.dlci.interno.it/AliSportello/ali/home.htm) ed inviare la richiesta telematica con allegati i documenti relativi al lavoratore che intende assumere e al rapporto di lavoro (dati anagrafici e documenti di identità, tipo contratto di lavoro, orario, inquadramento, eventuali documenti relativi all’alloggio). Il datore di lavoro può accedere alla procedura autonomamente oppure avvalendosi del supporto dei numerosi enti o patronati abilitati, per svolgere tutta la pratica.
I decreti flussi, generalmente, stabiliscono una data e un orario specifico a partire dal quale le domande possono essere inviate (cosidetto “Click day”). Le domande vengono valutate in ordine cronologico.
Se la domanda rientra nelle quote il datore di lavoro verrà convocato presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione per depositare la documentazione. Se la domanda viene accolta verrà emessa l’autorizzazione all’ingresso (cosidetto nulla osta all’ingresso).
Con la nuova procedura il rilascio del nullaosta è automatico dopo il 60 giorno dalla presentazione della domanda, anche in assenza di parere della Questura.
Il lavoratore, ricevuto il nulla osta all’ingresso, dovrà entro 90 giorni richiedere all’autorità consolare italiana nel proprio paese di origine, il visto di ingresso. La normativa in tema di ingresso e soggiorno prevede che una volta ottenuto il visto ed entrato in Italia il lavoratore dovrà presentarsi entro 8 giorni alla Questura dell’area in cui andrà a lavorare per richiedere il permesso di soggiorno. In realtà ogni decreto flussi prevede diverse modalità di registrazione del lavoratore straniero una volta giunto in Italia. Tale registrazione in concreto avviene su appuntamento allo Sportello Unico Immigrazione competente per la zona di assunzione. L’appuntamento può essere richiesto via mail, o essere addirittura già trasmesso dal SUI a seconda della tipologia di ingresso. In tale occasione viene fatto firmare l’Accordo di Integrazione (gli unici lavoratori esentati sono i lavoratori stagionali e i lavoratori autonomi).
Con la nuova procedura nelle more della convocazione in Prefettura per la firma del contratto di soggiorno il lavoratore può comunque lavorare, ma solo alle dipendenze del datore di lavoro che ha presentato la domanda.
Se il datore di lavoro si rende indisponibile prima della consegna del nulla osta, la domanda decade e il lavoratore non potrà fare ingresso in Italia.
Se il datore di lavoro si rende indisponibile dopo il rilascio del nulla osta e l’ingresso in Italia del lavoratore, il lavoratore si può rivolgere ad un legale, anche presso il sindacato. Il lavoratore potrebbe ottenere a seconda dei casi un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Tutti i permessi che recano la dicitura “permesso unico lavoro” consentono di lavorare, anche alcuni permessi che non recano tale dicitura consentono l'esercizio di attività lavorativa, talvolta senza condizioni, altre con limitazioni.
È possibile lavorare con diverse tipologie di permesso:
I permessi per lavoro subordinato /lavoro autonomo /attesa occupazione/ motivi familiari, consentono di svolgere qualsiasi attività lavorativa, e al momento del rinnovo è rilasciato permesso per l’effettiva attività svolta (es: un cittadino straniero titolare di permesso per motivi familiari può lavorare ed alla scadenza ottenere permesso per lavoro subordinato o autonomo se sta svolgendo tale attività senza dover aspettare l’emanazione di un decreto flussi).
Il permesso per studio o tirocinio può essere convertito in permesso per lavoro nell’ambito delle quote stabilite dal decreto flussi.
Non è più necessario verificare disponibilità di quote per procedere alla conversione, serve tuttavia munirsi di nulla osta da richiedere con procedura telematica al SUI di competenza. L’invio telematico avviene tramite il Portale servizi del Ministero dell’Interno (https://portaleservizi.dlci.interno.it/AliSportello/ali/home.htm).
Può essere convertito in permesso di lavoro al di fuori delle quote il permesso per studio di stranieri che abbiano conseguito, a seguito di frequenza del relativo corso di studi in Italia, un titolo di studi universitario (diploma di laurea triennale, specialistica o magistrale, dottorato, master, diploma di specializzazione o di perfezionamento post laurea in presenza di specifiche caratteristiche quanto a crediti e durata).
Almeno 24 ore prima dell'inizio dell'attività lavorativa, in caso di rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro deve effettuare una comunicazione unica per via telematica al centro per l’impiego territorialmente competente. Tale comunicazione, chiamata UNILAV, sostituisce tutte le precedenti comunicazioni a Questura, INPS, Centro per l’impiego.
Analoga comunicazione deve essere fatta in caso di trasformazione del rapporto di lavoro, proroga o risoluzione dello stesso.
Ai fini dell’assunzione è necessario produrre:
Sì, l’art. 5 c.9 bis del T. U. Immigrazione prevede che possa lavorare chi ha richiesto il permesso di soggiorno e sia in attesa del rilascio.
Sì, è possibile lavorare ed anche essere assunti a condizione che il lavoratore sia in possesso del permesso di soggiorno scaduto e della ricevuta del rinnovo.
Sì, è possibile lavorare anche nel periodo in cui è stata richiesta la conversione del permesso se sia il permesso precedente che quello che si richiede consentono lo svolgimento di attività lavorativa.
La perdita del posto di lavoro (anche per licenziamento) non determina per il lavoratore non comunitario e i suoi familiari legalmente soggiornanti la perdita del permesso di soggiorno.
Il cittadino straniero che resti senza lavoro può alla scadenza del permesso di soggiorno per lavoro chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione alla Questura competente. Per potere ottenere il rilascio è importante che il cittadino straniero si sia iscritto nelle liste del Centro dell’Impiego della propria area di residenza quando ha perso il lavoro.
L’iscrizione va allegata alla richiesta del permesso di soggiorno per attesa occupazione che si presenta con il kit postale.
Il permesso per attesa occupazione viene generalmente concesso per la durata massima di un anno. Tuttavia il rinnovo è possibile per un periodo anche superiore all’anno, se il lavoratore è parte di un nucleo familiare, già costituito sul territorio nazionale, composto da una persona che dimostri di disporre di risorse sufficienti in relazione al numero dei componenti (si fa riferimento al reddito richiesto per il ricongiungimento familiare). In questo caso bisogna inviare tutti i documenti relativi al nucleo familiare e ai rapporti di lavoro dei suoi componenti.
La nuova procedura prevede che oltre ai lavoratori che rientrano in speciali categorie /art 27 Dlgs 286/1998 possano fare ingresso fuori quota, ex art. 23 T.U. Immigrazione anche i lavoratori che abbiano seguito particolari corsi professionalizzanti nel paese di origine.
In pratica la procedura di questi nuovi ingressi fuori quota dovrebbe essere la seguente:
Rimangono poi invece i lavoratori che rientrano in speciali categorie previste dall’art. 27 del T. U. Immigrazione, i quali possono entrare in Italia senza bisogno che venga emanato un decreto flussi e senza che siano previste delle quote massime di ingressi. Si tratta dei lavoratori rientranti nelle seguenti categorie:
Per questi lavoratori i datori di lavoro italiani o stranieri titolari di permesso di soggiorno possono presentare la domanda di rilascio del nulla osta, durante l’intero corso dell’anno senza attendere che venga emanato un decreto flussi e senza che siano previste delle quote massime di ingressi.
Per il rilascio del nulla osta è sempre competente lo Sportello Unico Immigrazione ma con procedure e modulistiche diverse a seconda della categoria. Anche in questo caso il datore di lavoro deve registrarsi sul sito https://nullaostalavoro.dlci.interno.it/Ministero/Index2 e poi compilare ed inviare in via telamatica i relativi moduli.
Il comma 2 dell’art. 3 del d.l. 20/2023 modifica l’art. 6, comma 1, del TU immigrazione prevedendo che il permesso per studio sia sempre convertibile in permesso per lavoro “al di fuori delle quote” previa stipula, prima della scadenza, del contratto di soggiorno. In qualsiasi momento dell’anno dunque un ex studente che abbia completato il proprio corso di studi e sia in possesso di un permesso in corso di validità può chiedere la conversione del proprio permesso in un permesso per lavoro subordinato o autonomo.
Per le ipotesi di conversione resta inalterata la procedura del parere della ITL sulla capacità economica del datore di lavoro e la richiesta di conversione al SUI territorialmente competente. La richiesta si presenta ancora online, ma in qualunque momento dell’anno e senza limitazioni numeriche.
L’ingresso per lavoro autonomo del cittadino straniero è ammesso sempre nell’ambito delle quote a ciò specificatamente destinate dai decreti flussi.
Il cittadino straniero che intenda richiedere il nulla osta per lavoro autonomo deve essere in possesso dei requisiti e dei documenti di licenza o autorizzazione per l’attività che intende svolgere e/o dell’iscrizione alla camera di commercio che dovranno essere presentati alla Questura, competente a rilasciare il nulla osta per lavoro autonomo.
A seguito del rilascio del nulla osta il lavoratore può chiedere il visto per lavoro autonomo alla rappresentanza diplomatica italiana nel paese di origine.
Una volta entrato in Italia il lavoratore richiede il primo permesso di soggiorno tramite l’invio del kit postale. Il permesso di soggiorno per lavoro autonomo viene rilasciato per la duratadi due anni e può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, in presenza dei requisiti. Se al momento del rinnovo il cittadino straniero lavoratore autonomo risulta disoccupato può richiedere il permesso per “attesa occupazione”. In passato le quote per lavoro autonomo non specificavano la tipologia di lavoratori/imprenditori ammessi all’ingresso, mentre negli ultimi anni è stata prevista l’apertura di quote solo per alcune tipi di figure professionali e/o imprenditoriali, ed i requisiti per ottenere i visti di ingresso per lavoro autonomo sono divenuti sempre più stringenti, rendendo difficilmente accessibile tale categoria di ingressi, salvo che per profili di investitori ed imprenditori.
Possano partecipare ai concorsi pubblici per tutte le posizioni di lavoro che non comportino l’esercizio di pubbliche funzioni, e fatta salva la necessaria conoscenza della lingua italiana, oltre ai cittadini italiani anche:
Le posizioni di lavoro pubblico che comportano lo svolgimento diretto o indiretto di pubblici poteri o che attengono alla tutela dell’interesse nazionale restano riservate ai cittadini italiani (esempi: dirigenza pubblica, magistratura, avvocatura dello Stato, funzionari di alcuni ministeri).
Hanno diritto al permesso per grave sfruttamento lavorativo, previsto dall’art. 18 del T. U. Immigrazione, gli stranieri vittime dei reati di “riduzione e mantenimento in schiavitù o tratta” e dunque gli stranieri vittime di violenza o grave sfruttamento, da cui possono sorgere concreti pericoli per l’incolumità.La situazione che dà diritto al permesso deve essere segnalata o dai servizi sociali degli enti locali o da associazioni che operano nel settore o da enti e associazioni che gestiscono progetti rivolti alle vittime di sfruttamento o dalla Procura della Repubblica, quando l’esistenza delle vittime emerga a seguito di indagini su reati.Per il rilascio del permesso è necessario il parere favorevole del Pubblico Ministero che conduce l’indagine e l’adesione al progetto di inserimento da parte dello straniero.Il permesso ha una durata di 6 mesi ed è rinnovabile fino ad un anno o al maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Consente lo svolgimento di attività lavorativa e può essere convertito in permesso per lavoro alla scadenza nel caso in cui il titolare abbia reperito un’occupazione